Il presente sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Disattivando i cookie si potrebbero avere problemi di navigazione su questo sito. Per maggiori informazioni accedi alla nostra cookie policy. Continuando la navigazione acconsenti all'uso dei cookie. In caso contrario ti invitiamo ad uscire dal sito. |
|||||||||||||||
PISCINA CARDITO I Romani erano abilissimi costruttori e grazie alla profonda conoscenza delle tecnologie e dei materiali edili hanno realizzato edifici considerevoli per ogni genere di destinazione rendendo le loro città sempre più funzionali sotto il profilo urbanistico e pregevoli dal punto di vista architettonico. Tra le opere che maggiormente hanno consentito la crescita e la diffusione della loro civiltà oltre alla capillare rete stradale che favoriva i collegamenti commerciali e non solo, sono stati gli acquedotti. L'avanzato sistema idrico pubblico e le relative strutture di accumulo e diramazione garantivano l'adeguata distribuzione dell'acqua a tutti gli edifici collettivi, particolarmente le terme nonché le fontane poste lungo le strade cittadine e finanche alle abitazioni private. Il naturale completamento dell'organizzato sistema di rete idrica era l'accurato apparato di smaltimento delle acque reflue e piovane che garantiva l'opportuna soluzione sia alla pulizia del tracciato viario sia all'igiene cittadina. Piscina Cardito è il nome attribuito a una delle più grandi cisterne del territorio di Pozzuolie si trova in una zona ricca di serbatoi antichi, a valle di Via Vecchia San Gennaro. Essa dall'impianto rettangolare si estende per cica 2000 mq ed è composta di due settori. La struttura principale, larga m 16, lunga m 55 e alta m 15, è formata da 30 pilastri di mattoni che sostengono le volte di copertura che sono munite di oculi circolari del diametro di un metro.
Il rivestimento interno sia dei pilastri sia della muratura perimetrale in mattoni è costituito da più strati di "opus signinum", una tecnica di rifinitura a base di cocciopesto utilizzata diffusamente in epoca romana per garantire l'impermeabilità. Il secondo settore è composto da quattordici alvei comunicanti, probabilmente con funzione sedimentatoria, l'ultimo dei quali, di dimensioni maggiori, ha quattro fori circolari alle pareti, interpretabili come allacci distributivi oppure per consentire la dispersione dell'acqua nel terreno. Il bacino di raccolta dell'acqua è databile al II secolo d.C. e probabilmente era collegato ad un altro serbatoio di cui non c'è più traccia. L'acqua veniva filtrata da grate di ferro e poi smistata per servire gli edifici dell'area circostante. Tra questi, l'anfiteatro Flavio dove l'acqua veniva utilizzata oltre che per la pulizia anche per allagare l'arena per la rappresentazione di naumachie, simulazioni di battaglie navali. Il sito archeologico non è visitabile.
CAMPI FLEGREI - VISITE GUIDATE
Potrebbe interessarti anche:
|
|||||||||||||||
CONTATTI |